Cosa troverai in questo articolo
5 modi per rinunciare al domani che hai sempre sognato
Oggi vi parlo dei miei sogni e della mia esperienza con startup.
“Se avete dei sogni è vostra responsabilità realizzarli”
Bel Pesce
Non è raro trovarsi a vivere una vita “che non è proprio la nostra”.
A volte per una nostra scelta: abbiamo fatto il percorso di studi che offrisse migliori opportunità lavorative, per cui “yeah” abbiamo un lavoro stabile, ma da li a definirlo esaltante forse ce ne passa.
Altre volte per scelte legate agli eventi: avremmo voluto fare altro, ma alcuni impedimenti al di fuori delle nostro potere non ce lo hanno consentito.
Altre perché semplicemente ci evolviamo e i nostri desideri cambiano nel tempo: io ho scelto di studiare ingegneria meccanica perché ero una fan sfegatata della Ferrari, e adesso non guardo nemmeno più i Gran Premi.
Sono soddisfatta del mio lavoro ma nel tempo ho scoperto di avere una predilezione (non una predisposizione, sia chiaro) per l’innovazione e il “mindset da startupper”. Immaginare soluzioni che possano migliorare la vita delle persone.
Mi piace pensare che se fossi stata nel Medioevo sicuramente sarei stata al soldo i qualche mecenate per tentare imprese e marchingegni astrusi. Già mi vedevo nella corte Medicea. Ma torniamo a noi!
Questa predilezione mi ha portato ai tempi dell’università a tentare la mia prima (fallimentare) startup. Si chiamava SOlverS: in pratica il “Linkedin per i lavori ritenuti non abbastanza fighi da stare su Linkedin“.
All’epoca non avevo le competenze adatte e il progetto, nonostante la realizzazione, non decollò. Qualche anno dopo sbarcò in Italia “ProntoPro” a uccidere definitivamente ogni mio sogno di gloria (e a buona ragione: è un sito decisamente più avanzato rispetto al mio).
Perché dobbiamo combattere la cultura di condanna del fallimento
I fallimenti non mi hanno fermato: li ho sempre inconsciamente ritenuti delle opportunità per imparare cose da non ripetere la prossima volta.
E poi sono sempre dell’idea che è meglio provarci e fallire, che non provarci proprio!
Ma mi rendo conto di come questo non sia per nulla scontato: come occidentali siamo culturalmente portati a demonizzare il fallimento, veniamo cresciuti con la cultura del successo.
Dobbiamo studiare, andare bene a scuola in tutte le materie (anche quelle per cui siamo meno portati).
Cercare un “buon lavoro”, non necessariamente adatto a noi. E se decidiamo di lanciarci in imprese apparentemente fuori dagli schemi per seguire le proprie passioni, quante persone ci invoglieranno a proseguire e quante invece aspetteranno il fallimento per poter proferire il fatidico “te l’avevo detto”?
Per fortuna i tempi cambiano e la precarietà sempre maggiore del lavoro credo (e spero) spinga sempre più le nuove generazioni a seguire le proprie passioni piuttosto che anelare ad un sicuro (ma sempre più raro) posto fisso. E noi “privilegiati” dobbiamo fare la nostra parte di motivarli e aiutarli in questa direzione.
I fallimenti? Opportunità per imparare
Torniamo alla mia fallimentare startup.
Cinque anni dopo, trascinata in un corso di “Company Creation” da un amico, ho scoperto che in quella startup avevo sbagliato tutto: dalla prima all’ultima cosa.
Non avere un team motivato, non includere in equity le persone nel progetto ma tenerli come “freelance a chiamata”, pensare al particolare invece che all’MVP. Tutto.
Va da sé che guardare questo TED talk dell’imprenditrice brasiliana Bel Pesce mi ha fatto sorridere perché cita quasi tutti gli errori con cui ho “ucciso” la mia startup. E che vi consiglio di evitare se volete realizzare i vostri sogni anziché lasciarli tali.
Il video che segue è in inglese, ma con sottotitoli in italiano. Se non fossero già attivi basta lanciare il video e cliccare sull’icona in basso a destra a forma di “fumetto rettangolare”, selezionando poi “italiano“
5 Metodi per uccidere i tuoi sogni (e non creare una start up)
Riassumendo, i cinque modi per uccidere i vostri sogni (o le vostre startup innovative) sono questi:
1) Credere nel successo improvviso
Ci sono startup di giovani che diventano miliardari, ma quello che non si vuole mai approfondire è quanto tempo abbiano investito in quel progetto e quanti “no” abbiano dovuto incassare.
Ma non si sono arresi: la differenza sta li.
Pensate a KFC, la catena di pollo fritto: il Colonnello Sanders, ossia il “vecchietto” del logo nonchè creatore della ricetta della panatura perfetta per il pollo fritto, girò sessantacinquenne l’America per 2 anni proponendo a 1009 ristoranti la sua ricetta.
Ricevette 1009 “no”.
Al 1010° tentativo trovò un finanziatore: 12 anni dopo, nel 1964, vendette per 2 milioni di dollari l’azienda. KFC era diventato un franchising a livello nazionale che contava più di 600 punti vendita.
Che pollo fritto avremmo mangiato (noi e milioni di americani) se si fosse fermato al tentativo millenove?
2) Credere che qualcun altro abbia le risposte che cerchiamo
Le persone possono dare consigli e anche in buonissima fede, ma non sono nei tuoi panni e non possono comprendere a pieno le tue motivazioni e che ciò che è stato meglio per loro forse non è meglio per te. Su questo punto insiste una delle7 regole per avere successo di Covey che, come spesso ho detto, se non avete ancora letto dovete mettere nella lista dei prossimi 3 libri da leggere (preferibilmente come primo).
Invece che fare domande agli altri impariamo a porre a noi stessi le domande giuste: questo passaggio interessante che ho rubato a un libro di Roberto Re “Leader di te stesso“, è forse davvero la chiave del successo.
Chiaro, se (ad esempio) non ne capite nulla di programmazione e un programmatore vi da un suggerimento accettatelo, ma se riguarda decisioni di alto livello in cui siamo competenti dobbiamo imparare a capire qual è la miglior strada in maniera soggettiva.
Un modo per farlo è “dissociandovi” e vedendo la domanda in questo modo: “se un amico mi chiedesse un consiglio su questo argomento, io cosa gli consiglierei?”
Vedrete che il vostro pensiero vi risulterà subito più chiaro.
3) Decidere di accontentarsi quando è garantita la crescita
Sono sincera, questo è l’unico punto su cui mi trovo solo parzialmente d’accordo con Bel Pesce per due motivi.
Il primo è una questione caratteriale: avendo imparato a gestire i fallimenti non vedo gli obiettivi come cose da raggiungere a tutti i costi, superare e migliorare costantemente. Dò molta importanza anche a ciò che imparo durante il viaggio, alle esperienze che faccio mentre provo ad arrivare alla meta.
Il secondo è legato agli eventi: non avendo ancora raggiunto in pieno uno dei miei “desideri da startupper” (ovvero realizzare startup innovative di successo) non so mica cosa si prova a stare sulla vetta!
4) Credere che la colpa sia di qualcun altro
Questo è la mia maggior spina nel fianco: dare la colpa alle persone che collaborano con me, oltre che a me stessa.
Ovvero problemi di team: devo ammettere che è la ragione per cui ho ucciso il 90% delle mie startup innovative (ancora) irrealizzate. Il team è fondamentale in un progetto, che si tratti di una startup o di un lavoro “standard”.
Non sempre riusciamo ad avere nel team i “talenti” che vogliamo.
Non sempre riusciamo a coinvolgere il team come vorremmo, a vedere negli altri membri quella spinta ed entusiasmo che abbiamo noi.
Ma il problema non è del team, bensì nostro perché:
- non abbiamo selezionato le persone giuste
- non siamo stati in grado di motivarle adeguatamente
- entrambi i motivi sopra
Stessa cosa vale per i potenziali clienti: dobbiamo esser certi di rivolgerci alle persone giuste e nella maniera giusta. Come farlo? Ne parlo tra poco.
5) Credere che le uniche cose che contano siano i sogni stessi
Qui mi limito a riassumere con una citazione dal TED Talk:
“L’unico modo per realizzare davvero i vostri sogni è godersi ogni tappa del viaggio”
Bel Pesce
Come creare una start up: avete un’idea? Cercate chi vi aiuti a realizzarla
Spesso le nostre idee vengono poi realizzate da qualcun altro: è facile dire “l’avevo pensato!”. Il problema è che nel mentre non lo abbiamo fatto!
Oggi provare a rendere realtà un nostro sogno o startup innovativa è più semplice di molti anni fa: grazie a Internet si trovano infinite fonti su cui studiare, ma ancor più importanti sono gli enti che vi possono dare il metodo (e talvolta i fondi) per realizzale.
Ci sono gli incubatori che ormai sono in quasi tutte le università e sono aperti anche a chi non fa parte del campus.
Ci sono poi molte società indipendenti di business angels che oltre a supportare idee valide e startup innovative si dedicano anche alla formazione concreta di futuri potenziali startupper, dandovi le basi che non avete.
Vivendo a Torino posso citarvi Starboost, in cui ho seguito il validissimo corso di Company Creation di cui vi parlavo in precedenza, ma ce ne sono molte altre sul territorio e sul web (ad esempio Startup Geeks).
E poi studiate e provate senza sosta e senza tregua. Mal che vada, avrete imparato una cosa nuova e allarato il vostro networking di conoscenze.
8 cose che avrei voluto sapere quando ho provato a creare le mie start up innovative…
…e che ho poi scoperto nel corso di Company Creation.
- Avete un’idea? Non abbiate paura che qualcuno ve la rubi. Nel 99.9% dei casi non avete tutte le competenze necessarie a gestirla da soli, per cui selezionate le persone giuste che completino le competenze che vi mancano e che credano nel vostro progetto.
- L’importanza del team. Lavorate in equity, non con freelance (se coinvolgere le persone. Una buona idea non vale nulla se non la realizziamo. Meglio 1/10 di qualcosa che il 100% di niente.
- Creare una proposta di valore: non un prodotto che credete possa essere utile, ma che siete certi lo sarà perché avete fatto indagini, intervistato persone, scovato qual è la loro reale necessità, ovvero il pain point. Bisogna definire un prodotto in funzione delle necessità dei potenziali acquirenti, e mai il contrario.
- Partire da una nicchia: una volta fatto questo processo di “creative thinking” avrete identificato sia un prodotto che crei valore, e di conseguenza anche una nicchia di persone a cui sarà particolarmente utile: bene, fate un identikit sul foglio del “buyer personas”.
- Avere degli obiettivi chiari e con risultati misurabili (OKR, non è un caso che siano alla base di Google o Amazon). Non è una metodo rivoluzionario, ma dà quell’ordine mentale che spesso non si ha se non scriviamo con carta e penna cosa bisogna fare, entro QUANDO e COME possiamo misurarne la realizzazione effettiva.
Vi rimando a questo articolo sugli OKRse voleste saperne di più. - Creare in breve tempo un MVP: “minimum viable product” come descritto da The Lean Startup. Un MVP è un prototipo basilare che ha tutte le funzioni che deve espletare il prodotto finale essendo però molto rudimentale. Questo consente di fare test rapidi e verificare subito se il vostro prodotto rispetta le aspettative del pubblico o se è…un buco nell’acqua.
Ma meglio saperlo subito che dopo mesi di inutile ottimizzazione!
Anche in questo caso trovate un articolo su The lean startup a questo link. - Pensate ad una metodo per creare un prodotto scalabile: in termini di ambiti di applicabilità, di clientela, come anche di uso, di ri-uso (upcycling!).
- Non smettete di crederci: come riassume bene Pesce nel TED talk, i fallimenti sono opportunità per imparare. Per cui se una cosa ci va bene, gioiamo per il risultato, ma se anche andasse male rassereniamoci perchè abbiamo imparato come…”non fare” la prossima volta!
Conclusioni
In conclusione: se avete un sogno che vorreste realizzare, provateci. Siamo in un’epoca di privilegiati in cui abbiamo molte risorse a disposizione e molte persone come noi in cerca del team giusto in cui poter realizzare il proprio sogno. Non resta che mettersi all’opera e iniziare.
E come mi piace sostenere:
“Non guardare quanti anni hai dietro di te. Guarda tutti quelli che hai ancora avanti”
Marta Cavaliere
Se vi siete perso il Sunday Talk della scorsa settimana ve lo raccomando: si parla di comfort zone e di come spesso ci illudiamo di “vivere su un megadivano” quando invece siamo seduti “su una scomoda sedia”.
3 Ottimi modi per rovinarti la vita (rimanendo nella comfort zone)
In basso trovate l’elenco dei libri citati in questo articolo:
“Le 7 regole del successo“, Stephen Covey
“Leader di te stesso“, Roberto Re
“The Lean Startup“, Erik Ries
“